STANISLAWSKIJ ALLE PROVE
Luca Spadaro
Disse un giorno il vecchio Stanislavskij:
“Non mi parlate di sentimenti. Non possiamo fissare i sentimenti. Possiamo fissare e ricordare solo le azioni fisiche.” (V.O. Toporkov “Stanislavskij alle prove. Gli ultimi anni”, UBU, p.111)
Per capire veramente la ricerca di questo regista, bisogna ricordare che egli non trasformò mai le sue scoperte in dogmi e che continuò costantemente a cercare nuove strade per migliorare l’arte della recitazione.
Nel libro di V.O. Toporkov “Stanislavskij alle prove. Gli ultimi anni” sono raccolte alcune tecniche di lavoro ancora oggi funzionali alla rappresentazione di emozioni in scena.
Ecco cosa diceva Stanislavskij ai suoi attori riguardo alle emozioni create in scena:
“Lei stava solo pensando a non perdere il sentimento! È un compito sbagliato nella maniera più assoluta (…) E poi perché mai dovrebbe piangere? Lasci che sia lo spettatore a versare le sue lacrime (…) Questo è sentimentalismo da quattro soldi.”
- "Quella volta sentii che…"
- "Non voglio i sentimenti. Mi dica come agì” (p.78)
“Perché fate quelle smorfie? (…) Non si può recitare la paura. Bisogna salvarsi da una situazione di pericolo.” (p.95)
“Lei non si sta asciugando il sudore. Sta cercando di recitare la paura.”
In questo libro, tra le altre cose, si parla di “ritmo interno” per la prima volta nella storia del teatro:
Stanislavskij dice a un attore “Lei non sta in piedi al ritmo giusto…” L’attore, naturalmente non capisce. Stanislavskji si spiega con l’esempio del topo: immaginate una persona immobile, con un bastone sollevato. Questa persona aspetta che il topo esca dal buco per colpirlo. Il corpo è fermo a un ritmo molto preciso, la cui correttezza si può valutare dalla rapidità con cui si mena il fendente quando il topo immaginario esce.
Proprio il concetto di ritmo interno si rivelerà fondamentale per la creazione dello stato emotivo da parte di un attore in scena.