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MICHAIL CECHOV:
Dalla Russia a Hollywood

Luca Spadaro

Un giorno omino fragile e minuto, attraversò l’Oceano e portò agli americani il segreto della recitazione. Quell’omino si chiamava Michail Cechov, nipote del grande drammaturgo Anton Cechov ed allievo di Stanislavskij.

Nelle sue opere di pedagogia teatrale troviamo alcune intuizioni incredibilmente precise.

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Ecco cosa ci dice riguardo alla creazioni di sentimenti in scena nel suo libro “La tecnica dell’attore” (Dino Audino editore)

 

 “I sentimenti non possono essere comandati, possono solo essere aiutati” tramite qualità e sensazioni. Le qualità di cui parla somigliano alle “forme vitali” postulate da alcuni neuroscienziati (v. Daniel Stern, citato nel libro di Rizzolatti “Specchi nel cervello”). Un gesto fatto con una qualità genera una sensazione che richiamerà l’emozione o sentimento.

 

Come si fa ad agire su un “sentimento” senza forzare il processo? Bisogna dare una qualità all’azione: dovrò muovermi con una qualità, p.es. con la qualità “della cautela, calma, furia, rabbia, fretta, staccato, legato, in maniera pensierosa, dolorosa, decisa, furtiva, ostinata, rigida, gentile, consolatoria.” L’azione è il cosa, la qualità è il come.

 

Nell’esercizio numero 20 del libro citato, M. Cechov propone di compiere gesti che raccontino il “disegnare, tirare, spingere, sollevare, lanciare, accartocciare, convincere, separare, strappare, penetrare, toccare, spazzare via, aprire, chiudere, rompere, prendere, dare, sostenere, trattenere, graffiare” con le qualità di “violenza, calma, sicurezza, cura, staccato, legato, tenerezza, amore, freddezza, rabbia, vigliaccheria, superficialità, dolore, allegria, in maniera pensierosa, energicamente.” 

 

Nonostante il guazzabuglio di avverbi che vengono posti nel carnaio delle “qualità” (emozioni primarie, secondarie, termini musicali, altro…), questo è un esercizio che chiunque volesse indagare la rappresentazione di emozioni in scena dovrebbe studiare approfonditamente.

 

Un approccio del tutto fisico alla creazioni di emozioni teatrali che ha segnato la “scuola americana di recitazione” dagli anni ’40 ad oggi.

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Luca Spadaro

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