D'IMPROVVISO SAPEVA RECITARE
Luca Spadaro
Una volta un’allieva attrice mi chiese di aiutarla a recitare un monologo tratto da “Psicosi delle 4 e 48”, di Sarah Kane. Si tratta di un testo quanto mai ostico, una sorta di flusso di coscienza psicotico difficile da risolvere con gli strumenti tradizionali della recitazione. L’allieva attrice era scontenta del suo lavoro, si sentiva bloccata e non sapeva che direzione prendere.
Le proposi un gioco, per uscire dall’impasse: costruimmo una sorta di “percorso di guerra”, un sentiero di fragili sedie sopra il quale camminare, uno spazio disseminato di oggetti da attraversare ad occhi chiusi, corse, cadute, capriole e infine una sedia su cui sedersi alla fine del testo. Ogni frammento del percorso corrispondeva a un frammento del testo.
L’esperimento ebbe inizio, la voce dell’attrice cominciò a muoversi (in maniera pre-razionale, come direbbero gli scienziati), le parole oscure del testo rivelavano fatica, paura, stanchezza. Ancora non capivamo del tutto quello che stava dicendo ma in qualche modo “le credevamo”.
Alla fine del percorso chiesi all’attrice un suo commento riguardo a quello che aveva appena fatto.
“Non so” disse lei “cercavo soltanto di non perdere le parole.”
Eravamo appena all’inizio del lavoro ma quella frase mi sembrava quanto di più sensato fosse stato detto fino ad allora riguardo al personaggio: sta cercando solo di non perdere le sue parole.
Tutti i presenti erano sorpresi: un attimo prima il testo era stato recitato in maniera banale e piatta e ora, d’improvviso, senza nessuna preparazione specifica, era diventato vibrante e pieno di sfumature umane e coinvolgenti.
La sensazione era che quell’attrice sapesse già recitare il monologo, solo che non sapeva di saperlo fare. Era già tutto presente in lei anche se sembrava così lontana dal risultato. Era bastato attivare il suo corpo perché automaticamente ogni cosa andasse al suo posto.
Certo, il lavoro non si conclude qui, bisogna riuscire a replicare il risultato togliendo il “percorso di guerra”, memorizzando e miniaturizzando gli impulsi che hanno dato forma e colore e sostanza alla voce. È un lavoro lungo e minuzioso che richiede molto tempo. Ma la cosa importante è che quell’allieva scoprì che le potenzialità erano già in lei, che muovendo le leve giuste qualcosa di intenso poteva accadere.
Il monologo commosse gli spettatori mentre l’attrice non pensava minimamente a suscitare in sé delle emozioni. Tutta la sua energia era impegnata a non cadere e a non perdere le parole.